lunedì 16 gennaio 2017

Intervista a Stefano Beverini di Alessandro Rota.

Intervista a Stefano Beverini di Alessandro Rota.

Stefano Beverini, genovese, dominatore della scena subbuteistica dal 1973 al 1977, vincitore del primo Campionato Italiano Subbuteo nel 1974 e bissato nel 1976, formava con Semplici e Zollo il trio che a squadre ha fatto man bassa di titoli, ha partecipato alle vittorie di Wembley nel 77 e di Rochefort nel 79, vincitore di parecchi tornei in Italia e all’estero.
1) Lei è sicuramente il giocatore più forte e continuo del neonato movimento Italiano. Tutti la ricordano con molto piacere, chi le ha giocato contro dice che nelle giornate di grazia era impossibile batterla, come è cominciata la sua avventura con il Subbuteo?
Eravamo un gruppo di compagni di scuola, ai tempi del liceo. Ci eravamo costruiti un gioco simile al Subbuteo, senza conoscerne l’esistenza. Le pedine erano però piatte e senza riproduzione degli omini calciatori. Tra il ’72 e il ’73 vedemmo per caso il gioco esposto in una vetrina, e lo comprammo, nella confezione senza campo di gioco perché costava meno e i soldi erano pochi. Giocammo dapprima su un telo di iuta, poi su un vecchio panno da biliardo dismesso. Trascorsero mesi prima che acquistassimo il campo di gioco regolamentare. Eravamo una decina, giocavamo nello scantinato adibito a sala giochi, nella casa dove abitavo con i miei genitori, a Genova Pegli.
2) Come molti della mia generazione, ho sognato vedendo sui cataloghi dell’epoca, le varie fotografie di lei e dei suoi compagni, che mietevate vittorie. Ci racconta la sua vittoria che ricorda ancora con piacere?

Mah, è trascorso tanto tempo. Sicuramente la finale del primo campionato italiano, del 1974. Tuttavia nessuno sa che la partita più difficile è stata la prima, nel primo turno del campionato regionale del 1973, con un certo De Lucchi (da non confondersi con un suo omonimo che giocava nel nostro gruppo). Era un giocatore fortissimo: la sorte ci aveva posto subito uno contro l’altro. Pareggiai con fatica 1 a 1 e vinsi poi ai rigori. Se avesse vinto lui la storia dei primi anni del Subbuteo probabilmente sarebbe stata diversa. Dopo l’eliminazione De Lucchi si demoralizzò e mi pare che non partecipò più a competizioni.
3) Il suo libro, IO BEVERINI è diventato un cult, un oggetto da collezionare, alcune copie ben tenute superano anche i 100 euro nelle varie aste; io stesso ho provato più volte ma non sono mai riuscito ad accaparrarmelo. È stato il primo volume sul Subbuteo, come è nata l’idea? E cosa pensa oggi di quella pubblicazione?
Mi è sempre piaciuto scrivere, a otto anni mi divertivo a comporre, con la vecchia olivetti di mio padre, delle piccole riviste che vendevo ai parenti. Perciò scriverlo è stato naturale. Il titolo era Panno verde Subbuteo; “Io Beverini” era il sottotitolo, un po’ narcisistico. Cosa ne penso oggi? Nulla, fa parte del mio passato.

4) Il Subbuteo è stato eletto a simbolo dal Fair Play, per rappresentare un calcio diverso da quello di oggi, come a sottolineare che il Subbuteo è un po’ l’icona del calcio anni 70. Come vede questa idea? Lei è tifoso o semplicemente appassionato del calcio, o non le interessa per nulla
?

Il calcio mi piace e lo seguo. Oggi è diverso da quello degli anni ’70, ma è più difficile, veloce e tecnico. Non penso sia più violento. Non sono un vero tifoso, mi fa piacere quando vincono le due squadre genovesi. L’ho anche praticato fino a due anni fa, a livello amatoriale, a cinquant’anni compiuti. Sono contento se il Subbuteo riceve dei riconoscimenti.
5) Zollo nella sua intervista mi disse che nel 1977 smise di giocare perché gli vennero a mancare gli stimoli; poi un bel giorno anche di Beverini non si è saputo nulla e si è entrati nella leggenda. Quando ha smesso di giocare, perché?
Non ricordo di preciso, mi pare nell’ 81. Ero già sposato e avevo altri interessi. Per continuare a giocare ad alti livelli avei dovuto continuare ad allenarmi costantemente: ciò non era possibile e ho preferito smettere.
6) Edilio Parodi, lo ha certamente conosciuto bene: ci può dire due parole su di lui? Un ricordo..

Un grande appassionato, un uomo generoso, semplice, affabile, educatissimo, un grande lavoratore.
L’ho conosciuto, mi pare, al primo torneo della Fiera di Primavera, nel 1974. Mi presentò il campione della Lombardia e mi disse “Provi a misurarsi con lui, è un piccolo campione”. Facemmo un’amichevole e lì iniziai a rendermi conto che forse il campione ero io… Vinsi il torneo e Parodi mi augurò: “Lei vincerà il campionato italiano”. Fu un buon profeta.

7) visitando il suo sito personale ne emerge una vita molto impegnata, pubblicazioni importanti su un argomento difficile, relatore in conventions, ruolo importante nel sindacato; una partita la farebbe ancora? Magari con i vecchi amici?


No. Non ricordo neppure le regole, e chissà se ne sarei ancora capace.8) Nella sua attività agonistica ha sfidato i più quotati giocatori di tutta Europa. Belgi, Olandesi, Inglesi…. escludendosi , ci può dire chi erano i migliori?

Gli Olandesi, più spettacolari. Una cosa vorrei precisare, è un “sassolino che ho da molti anni nella scarpa”: la lucidatura delle basi è stata scoperta, dal nostro gruppo e poi usata da tutti, solo dopo il 1974. Ho vinto il primo campionato italiano e soprattutto ho ottenuto il terzo posto nel mondo senza lucidare e neppure pulire le basi. Erano tempi pionieristici…

9) La sua fotografia con Kevin Keegan penso sia la più invidiata ancora oggi da tutti i subbuteisti della nostra generazione. Ci racconta qualcosa di quella sfida?

In occasione di un incontro a Wembley tra la nazionale Inglese e quella Italiana, era stato organizzata anche un’amichevole, un paio di giorni prima, tra le due nazionali di subbuteo, e alcuni calciatori vennero a farci visita e scambiammo qualche colpo. La sfida vera fu con la nazionale inglese di subbuteo, invece con Keegan ci fu solo un simpatico intermezzo. Comunque noi due giocammo sul serio, ma lui ovviamente era molto più bravo come calciatore.


10) Come tutti quelli che leggeranno le sue risposte le vorrei fare mille domande, le chiedo un ultima cosa che è anche una mia curiosità; ho conosciuto personalmente Andrea Piccaluga a settembre, mi disse che giocò la famosa finale di Wembley del 1978 con una squadra che Lei gli prestò. Ha ancora il suo materiale di gioco?


No, quando smisi regalai tutto a due circoli parrocchiali di Pegli, dove giocavano molti ragazzini. Forse un paio di squadre avrei dovuto conservarle…



Ringrazio Stefano Beverini per la sua disponibilità, da tempo i subbuteisti più legati alla tradizione volevano sentire la sua voce, la invito fin da ora al torneo Primavera dove Zollo e Semplici ci verranno a trovare, per riformare almeno per un momento una delle squadre che ormai sono un tesoro della storia del nostro Subbuteo, al fatto che “ non si ricordi come si gioca….” non ci crediamo e sappiamo che le basterebbero 2 minuti per sfoderare quella classe che l’ha resa uno dei giocatori più amati del nostro hobby sport, sperando di rivedela presto un saluto e un grazie di
cuore.


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